Un cantante ballerino d'eccezione: il gallo forcello

Sono le quattro del mattino. Stesa nel sacco a pelo in una radura tra i larici osservo il cielo stellato sopra di me e le cime innevate dei monti che biancheggiano nell'oscurità. L'aria è pungente anche se è la fine di aprile: qui a 2300 metri di quota è ancora inverno e la neve copre abbondantemente il terreno.

Nonostante le avversità climatiche e la levataccia sono felice ed attendo con ansia l'inizio di uno spettacolo naturale particolarmente suggestivo.

Passata una mezz'ora un grido spezza il silenzio: la civetta capogrosso con un breve canto saluta la notte e si avvia al suo nido. Sembra un segnale: dopo pochi istanti tordele, merli e cince bigie dapprima timidamente poi con gran brio riempiono i dintorni con i loro solfeggi.

Le stelle pian piano svaniscono, ma prima dell'alba appare il motivo della mia uscita notturna: il gallo forcello.
Dalla cima di un larice a cento metri da me un bellissimo maschio comincia il suo canto, composto da gorgheggi e soffi particolari che danno una piacevole melodia.
Ma dopo due minuti un altro cantore risponde più lontano, un'ombra sulla neve: un secondo maschio di gallo forcello canta e forse con maggior impeto del primo.

È iniziato un vero duello canoro e io mi godo il tutto facendo capolino dal sacco a pelo e puntando il binocolo un po' qua e un po' là tentando di scorgere gli uccelli.
Con l'arrivo dei primi raggi dell'alba l'immagine si fa più nitida e posso osservare bene i cantori: per attirare le femmine cantano a squarciagola e danzano, piroettando e saltellando con la coda spiegata e le ali un po' aperte che sfiorano il terreno. 




Sono uccelli molto belli: il maschio è nero lucente con le sole penne centrali della coda e del sottocoda completamente bianche e con un sopracciglio rosso; le penne esterne della coda sono curve e nere e le danno la forma di una lira. 




Le femmine hanno un abito marrone screziato che le mimetizza bene sul terreno dove trascorrono la maggior parte del tempo per covare, allevare la prole e cercare cibo (costruiscono un semplice nido di rametti sul terreno tra i cespugli). Le loro dimensioni sono ragguardevoli: pesano un chilogrammo circa ed i maschi anche qualche etto in più.


Improvvisamente sento un battito d'ali, mi giro e scorgo una femmina di gallo forcello che vola da un larice al pendio innevato dove un maschio gorgheggia. 
Con aria quasi indifferente fa un giro largo attorno all'agitatissimo ballerino, pochi passi in là poi a sinistra, si ferma, si gira, becca qualcosa a terra poi si volta e a rapidi passetti raggiunge il maschio e con lui sparisce tra i larici.

Il secondo maschio non si dà per vinto e prosegue lo spettacolo in compagnia di altri due individui che dal dosso alla mia destra rispondono alla provocazione canora.

Come spesso capita in natura non tutti i maschi riescono a trovare una compagna; solo i cantanti più bravi ed esperti, in genere i più anziani, convolano a nozze. Le femmine scelgono il loro sposo con l'intento di assicurarsi una prole robusta che possa affrontare al meglio le avversità dell'ambiente alpino.

C'è un'altra caratteristica di questi uccelli che mi lascia stupefatta: è la loro capacità di scavarsi delle tane sotto la neve per ripararsi dal freddo e trascorrere l'inverno al sicuro, uscendo solo ogni tanto per cercare il cibo (bacche di ginepro, germogli e, in estate, mirtilli e semi vari).


Un paio d'ore dopo l'alba lo spettacolo finisce e i ballerini spariscono in un attimo, elusivi e senza concedermi un bis ... Pazienza! 

Come in un sogno sento ancora l'eco delle loro note, mentre mi avvio verso valle un poco intorpidita, ma assai soddisfatta. Lasciando il regno del gallo forcello mi frego le mani gelate nei guanti e programmo la prossima uscita, in barba al freddo!

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