Tipi di praterie: specie caratteristiche di prati e pascoli alpini.

Comunemente si usano come sinonimi i termini prato, prateria e pascolo per indicare distese erbose di montagna utilizzate dall’uomo per il bestiame o per lo sfalcio; in realtà ci sono delle sostanziali differenze.
In ecologia, descrivendo i legami tra gli organismi viventi nella catena alimentare, con la parola prateria si indica il primo livello strutturale degli organismi autotrofi, formato da specie erbacee e/o arbustive.
Nell’ambito delle praterie però possiamo distinguere due tipologie, più o meno legate all’intervento dell’uomo ed al tipo di uso che l’uomo ne fa.

Con il termine di prati si intendono colture foraggere formate esclusivamente da specie vegetali di tipo erbaceo la cui produzione viene tagliata almeno una volta per stagione vegetativa e, dopo il taglio, raccolta per essere utilizzata altrove  come foraggio verde o, previo trattamento di conservazione, sotto forma di fieno, insilato d’erba o insilato di fieno.

Con pascoli, invece, si indicano le praterie non soggette al taglio della produzione, ma destinate al foraggiamento diretto del bestiame per una o più stagioni all’anno. I pascoli alpini in particolare sono tipici della fascia altimetrica oltre il limite del bosco, con ampiezza variabile a seconda della esposizione e dell’orografia.

Esistono diversi tipi di prateria alpina, differenti per composizione di specie, per aspetto e per valore economico, perché numerosi sono i fattori che ne influenzano la formazione: il clima, l'altitudine, la natura del suolo, calcareo o siliceo e la sua umidità, e le forme di intervento dell'uomo. Il discorso è molto complesso e lungo; mi limiterò a qualche spunto di osservazione e qualche curiosità sul mondo della flora alpina dei prati e pascoli della provincia di Biella (Piemonte).

Specie caratteristiche dei prati

Il Trisetum flavescens, l’avena d’oro, è specie dei prati pingui (cioè prati falciati e regolarmente concimati) diffusi sulle Alpi tra i 900 e i 1800 m di quota. Questa specie compare nei prati più antichi creati dall’uomo dissodando il bosco di faggio e di conifere, su pendii moderatamente umidi e ben soleggiati. Insieme al Trisetum possono crescere anche altre specie caratteristiche della stagione o del grado di umidità. In primavera abbondano i Crocus, a giugno la fioritura ha il suo culmine con margherite, Crepis e Vedovelle. Dopo lo sfalcio abbondano le campanule, Geranium e Leontodon.
 

La bistorta (Polygonum bistorta) dalla infiorescenza allungata e rosa domina nelle zone umide ed è una modesta foraggera.
Le sue foglie sono usate anche in cucina, note come lingue, cotte al burro, in minestre o in frittate insieme ad altre erbette primaverili (provatele, sono deliziose!).

 
 
 


Nelle zone più aride invece il Trisetum è accompagnato dal timo, dal Ranunculus bulbosus e dalle luzule.
I prati abbastanza umidi ed a quote non troppo elevate tra maggio e giugno si coprono delle candide fioriture di Narcissus poëticus, i narcisi, che però sono infestanti peggioratrici della qualità del prato (non sono foraggere).

A quote maggiori si possono trovare prati pingui non regolarmente concimati e non sempre falciati, caratterizzati dalla presenza di Poa alpina, una delle più preziose foraggere della Alpi. Questa specie cresce bene anche in zone di riposo del bestiame bovino e ovino; resiste al freddo delle maggiori altitudini, affrettandosi nella buona stagione a assicurarsi la propagazione con le spighe che producono direttamente germogli verdi i quali cadendo al suolo propagano la pianta (Poa alpina varietà vivipara).

Specie tipiche dei pascoli

Nei pressi degli alpeggi estivi troviamo generalmente dei pascoli, dove l’uomo non effettua sfalci. Dal punto di vista fitosociologico, cioè delle associazioni di specie vegetali presenti, esistono diverse tipologie di pascoli. Vi presento solo qualche specie indicativa e particolare che può attirare la vostra attenzione durante le escursioni alle quote più alte.

Il trifoglio è sicuramente una delle migliori foraggere: ne esistono diverse specie dalla pianura ai monti; nei pascoli alpini si può trovare il  Trifolium alpinum (Trifoglio alpino, trifoglio dolce). Esso è alto 10-15 cm, ha fusto legnoso alla base; le sue foglie sono costituite da tre foglioline strette e lunghe, l'infiorescenza è composta da 3 a 12 fiori di colore rosa o purpureo, profumati. Cresce su terreno siliceo, nelle Alpi, Appennini e Pirenei, da 1500 a 3000 m circa. Nel post sul giardino alpino Paradisia trovate una sua foto.






Diffusi ormai un po’ ovunque anche nel Biellese, i pascoli magri a Nardus stricta, (nardo o cervino), una graminacea dura e pungente, che si forma su terreni poveri di calcio, spesso per eccesso di pascolamento.
Il nardo produce cespi molto compatti, che tendono a inibire la crescita di altre specie e che gli animali rifiutano.






Su terreni silicei si sviluppa il curvuleto, associazione a Carex curvula, che rappresenta una condizione di stabilità osservabile anche fino a 3.000 m di quota e riconoscibile di lontano per il colore giallo ocraceo.






Nelle aree dove staziona il bestiame o dove vengono versate le deiezioni degli animali presso le stalle si sviluppa un’associazione di specie vegetali dette megaforbie.


Si tratta di piante che possono raggiungere dimensioni ragguardevoli e che utilizzano i residui ammoniacali, i nitrati delle sostanze organiche.
A questo gruppo appartengono i Rumex dalle grandi foglie, le pungenti ortiche e l’Aconitum napellus dai fiori azzurro-violetti, velenosissimo e sgradito al bestiame, usato in medicina per l’elevato suo contenuto in alcaloidi.


Insieme alle specie megaforbie citate possiamo trovare anche il Chenopodium bonus-henricus
foraggera per suini e ricercata dagli ovini per la sua precocità e per le foglie tenere e carnose, commestibile anche per l’uomo (ottima cucinata come gli spinaci, in minestre, al burro o in frittate). 
Il nome scientifico di questa piantina dovrebbe ricordare il re Enrico IV, protettore dei botanici, per il successo che ebbe questa specie durante il suo periodo di reggenza;
chenopodium” deriva dal greco e significa “piede d’oca”, al quale assomigliano le foglie.




















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