Origine della fauna alpina: i cambiamenti climatici del Quaternario.

Il sollevamento della regione alpina iniziò in seguito all’avvicinamento del cratone africano verso quello europeo nel Cretacico, ma il grosso del corrugamento delle Alpi è del periodo oligo-miocenico; un aspetto molto simile all’attuale fu raggiunto solo nel Pliocene.

Le Alpi italo-francesi dal Colle del Beth (Pragelato, Torino, Italia)
Si ritiene che il territorio alpino abbia ricevuto dalle regioni limitrofe il contingente di specie animali che ne ha iniziato la colonizzazione sin dal Terziario e che poi si siano avute nuove vie di migrazione che hanno arricchito il numero di specie delle Alpi.

Nel Quaternario
le glaciazioni provocarono grandiosi mutamenti del popolamento alpino. Periodi in cui le calotte glaciali si insediarono nelle regioni settentrionali dell’Eurasia e del nord America e il ghiaccio ricoprì le catene montuose più meridionali (periodi glaciali) si alternarono con periodi nei quali le masse glaciali si ritirarono notevolmente (interglaciali).


Il clima caldo-secco degli interglaciali e quello freddo-umido dei periodi glaciali, alternandosi, esercitarono un’imponente azione sul popolamento animale dell’Italia e sulla fauna alpina in particolare.


Le conseguenze furono:

  • Sensibile impoverimento durante i glaciali della fauna prequaternaria con la scomparsa di specie termofile, distrutte o respinte verso luoghi a clima più favorevole.
  • Estensione della distribuzione di specie adattate a climi rigidi in zone di altitudine inferiore con la conseguente possibilità di scambi faunistici tra massicci montuosi diversi. Da questo è derivata le penetrazione di elementi alpini in Appennino e di elementi centro asiatici in zona Alpi.
  • Persistenza di specie alpine in particolari zone marginali al grande ghiacciaio alpino rispettate dalla massa glaciale: massicci o distretti di rifugio, in cui sono presenti specie che mancano nelle parti più interne della catena alpina, forme preglaciali sopravvissute alle vicissitudini climatiche quaternarie (Prealpi venete, Monti Lessini, Monte Baldo, Prealpi Bresciane e Bergamasche, alcuni rifugi sull’arco alpino piemontese).
  • Nascita di endemismi in relazione all’isolamento nei distretti di rifugio; fenomeno studiato soprattutto nei coleotteri e negli ortotteri.
  • Distribuzione boreoalpina o artico alpina di alcune specie: la stessa specie o specie molto affini tra loro abitano da un lato le regioni nordiche europee, dall’altro singoli distretti delle catene montuose dell’Europa meridionale (Pirenei, Alpi, Appennini, Carpazi) in aree quindi separate dal centro Europa.
    Questa singolare distribuzione è ricondotta ai fenomeni glaciali quaternari, quando le masse glaciali nordeuropea e alpina sospinsero una a sud l’altra a nord una parte della fauna artica alpina, per cui in determinate zone dell’Europa centrale si insediò una fauna mista di elementi nordici e alpini.
    Nei periodi interglaciali parte di tale fauna seguì la vegetazione verso le regioni montuose sud europee fronteggiando la massa glaciale in ritiro.
    Si è verificato un fenomeno di portata notevole, in più riprese, ad ogni interglaciale, tanto che attualmente si annoverano tra le specie boreoalpine 43 Coleotteri, 55 Lepidotteri, 55 Ditteri, una decina di Emitteri, 3 Imenotteri, 3 Plecotteri, 4 Odonati, 3 specie e un genere di Ortotteri, 1 Anfipode, e, tra i vertebrati, il Picchio tridattilo, la Pernice bianca e la Lepre variabile.
    Durante gli interglaciali si liberavano dai ghiacci vaste zone che potevano così essere colonizzate. In tali periodi fungevano da centri di ripopolamento sia aree lontane come il centro Europa o la regione mediterranea, sia le aree rispettate dai ghiacci, come i distretti di rifugio periferici. Forse alcuni organismi sopravvissuti in zone libere dai ghiacci all’interno della massa glaciale contribuirono in parte al ripopolamento.
  • L’innalzamento dei livelli altimetrici di vita al di sopra di quelli attuali durante i periodi ipsotermici (di aumento della temperatura) interglaciali provocò la distruzione di alcune specie alpine nei gruppi montuosi meno elevati, poiché esse non riuscirono a ripopolare le cime abbandonate neppure nei periodi più freddi in quanto isolate da depressioni troppo profonde.
Tutti questi complessi fenomeni hanno contribuito alla costituzione della fauna alpina che oggi conosciamo; la zoogeografia ci mostra che essa è composta da specie con precisa distribuzione (centroeuropea, occidentale, orientale, alpina, boreoalpina, endemica), che corrisponde ai primitivi centri di provenienza delle singole specie o ai loro processi evolutivi.



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